Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge è volta ad introdurre nel quadro normativo italiano nuove norme, dirette a semplificare le procedure previste per l'adozione internazionale.
      La legge 4 maggio 1983, n. 184, è stata approvata per favorire l'istituto dell'adozione nazionale e internazionale, allo scopo di assicurare ai minori l'accoglienza in una famiglia serena.
      Per quanto riguarda le adozioni internazionali, modifiche alla legge n. 184 del 1983 sono state apportate dalla legge 31 dicembre 1998, n. 476, recante «Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L'Aja il 29 maggio 1993. Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in tema di adozione di minori stranieri».
      La disciplina dell'adozione internazionale rappresenta uno dei momenti di maggior rilievo della legge n. 184 del 1983: in precedenza, infatti, il nostro ordinamento non prevedeva una apposita regolamentazione dell'istituto e le uniche norme ritenute applicabili al riguardo erano contenute nelle disposizioni sulla legge in generale (cosiddette preleggi) del codice civile che, per diffuso convincimento, non apparivano più tali da assicurare al minore straniero una tutela analoga a quella garantita al minore italiano.
      Il 29 maggio 1993, a L'Aja, è stata sottoscritta una Convenzione che ha dettato princìpi comuni per l'adozione inter

 

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nazionale riducendo i confini fra le varie legislazioni. Gli obiettivi della Convenzione mirano sostanzialmente a:

          a) garantire che le adozioni internazionali abbiano di vista essenzialmente l'interesse superiore del minore;

          b) realizzare tra gli Stati contraenti un sistema di cooperazione;

          c) assicurare il riconoscimento negli Stati contraenti delle adozioni realizzate in conformità alla Convenzione medesima.

      La Convenzione poggia su alcuni punti fondamentali. Anzitutto, prevede la creazione, in ogni Paese, di una «Autorità centrale» che controlla il corretto svolgimento delle procedure di adozione e si pone in relazione con le altre Autorità centrali, scambiando informazioni, valutando le singole domande, accertando la presenza dei requisiti legittimanti l'adozione ed eventualmente autorizzando l'ingresso del minore nel Paese dei futuri genitori. Inoltre, la Convenzione richiede organismi abilitati che collaborino con tale Autorità. Si tratta di enti che sono espressamente autorizzati dall'Autorità a seguire le procedure di adozione e a fornire la necessaria assistenza agli aspiranti.
      Infine, la Convenzione pone la regola generale in base alla quale è lo Stato in cui si trova il minore a dichiarare l'adozione conforme alla Convenzione; tale pronuncia corrisponde ad un riconoscimento di diritto all'adozione in tutti i Paesi contraenti con pieno conseguimento dei relativi effetti giuridici, in primis, la creazione del legame di filiazione tra genitori adottivi e minore e il venir meno di quello preesistente con i genitori naturali.
      In attuazione della Convenzione de L'Aja, la legge n. 476 del 1998 ha riscritto la disciplina dell'istituto delle adozioni internazionali contenuta nel capo I del titolo III della legge n. 184 del 1983, sostituendolo integralmente. Si ricorda, in primo luogo, che la legge ha provveduto ad istituire, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, la Commissione per le adozioni internazionali (articolo 38 della legge n. 184 del 1983), che svolge le funzioni di Autorità centrale. Tale Commissione è, tra l'altro, chiamata ad autorizzare l'attività degli enti - che curano concretamente la procedura di adozione - quando (articolo 39-ter della legge n. 184 del 1983):

          a) siano diretti e composti da persone con adeguata formazione e competenza nel campo dell'adozione internazionale e con idonee qualità morali;

          b) si avvalgano di professionisti in campo sociale, giuridico e psicologico, iscritti al relativo albo professionale, in grado di sostenere i coniugi prima, durante e dopo l'adozione;

          c) dispongano di un'adeguata struttura organizzativa in almeno una regione o in una provincia autonoma in Italia e delle strutture per operare nei Paesi stranieri;

          d) non abbiano fini di lucro;

          e) non operino pregiudiziali discriminazioni nei confronti delle persone che aspirano all'adozione;

          f) si impegnino a partecipare ad attività di promozione dei diritti dell'infanzia;

          g) abbiano sede legale nel territorio nazionale.

      La legge applicabile è, comunque, quella del Paese d'origine del minore: essa determina le circostanze nelle quali il bambino può essere adottato all'estero. Occorre, quindi, un provvedimento dell'autorità del Paese d'origine, che lo dichiari adottabile o ne pronunci l'adozione o almeno ne autorizzi l'espatrio a scopo di adozione; dal provvedimento deve risultare che si tratta di un minore abbandonato o quanto meno di un minore alla cui adozione i genitori biologici hanno dato il proprio consenso.
      È, invece, la legge italiana che determina i requisiti delle persone disponibili ad adottare un minore straniero, purché siano cittadini italiani oppure risiedano in modo effettivo e continuativo in Italia.

 

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Pertanto, si applicano le regole consuete della legge n. 184 del 1983.
      Nella realtà applicativa di ogni giorno, però, la disciplina sulle adozioni internazionali contenuta nella legge n. 184 del 1983 ha mostrato diverse lacune e la rigidità e la lunghezza delle procedure hanno fatto sì che gran parte degli aspiranti genitori si rivolgesse ad un mercato dell'adozione dove il «fai da te» è rapidamente proliferato.
      Al fine di snellire i tempi tecnici e di rendere quanto più trasparente l'operato dei soggetti coinvolti nelle varie fasi procedimentali, la presente proposta di legge apporta significative modifiche alle norme che disciplinano le adozioni internazionali.
      In particolare, secondo il nuovo impianto normativo che si intende introdurre con la presente proposta di legge, la dichiarazione di disponibilità da parte dei coniugi che aspirano ad adottare un bambino italiano, non è più resa al tribunale per i minorenni, bensì al servizio socio-assistenziale dell'ente locale di residenza. In particolare, il comune di residenza provvede (ai sensi del comma 1 del novellato articolo 29-bis) ad individuare il servizio socio-assistenziale adibito alle funzioni e alle procedure indicate nel comma 3 del medesimo articolo 29-bis. Saranno, quindi, i servizi socio-assistenziali, individuati dai comuni, ad avviare le procedure d'indagine riguardanti la capacità dei genitori ad educare il minore, la situazione economica ed i motivi per i quali intendono procedere all'adozione. Tutto questo, entro il termine perentorio di sessanta giorni, trascorso il quale, se nulla osta, il servizio socio-assistenziale autorizzato emana un provvedimento motivato (ai sensi del comma 5 dell'articolo 29-bis) con il quale si dichiara l'idoneità ad adottare degli aspiranti genitori.
      L'idoneità non è generica, né data per qualsiasi minore ovvero per un numero imprecisato di minori: il provvedimento motivato contiene le indicazioni opportune sulle caratteristiche del minore che si reputa adatto alla coppia di coniugi, con indicazioni riferite, in primo luogo, all'età del bambino.
      Trasmessa tutta la relativa documentazione d'indagine, comprensiva del provvedimento, al tribunale per i minorenni, sarà quest'ultimo, entro trenta giorni, a pronunciare il decreto di esecuzione attestante la sussistenza dei requisiti per adottare. Il decreto è, successivamente, trasmesso alla Commissione per le adozioni internazionali, nonché all'ente autorizzato che, contrariamente a quanto stabilito dall'attuale normativa, deve essere preventivamente indicato dai coniugi aspiranti all'adozione (comma 4 dell'articolo 29-bis). A tale proposito, la presente proposta di legge prevede l'istituzione in ogni regione di un'apposita agenzia regionale per le adozioni internazionali: si vuole creare una valida alternativa agli enti autorizzati già istituiti (ex legge 31 dicembre 1998, n. 476) che ne recepisca i medesimi compiti e le stesse funzioni. Tali «enti autorizzati», ai quali è obbligatoriamente delegato il compito di curare lo svolgimento all'estero delle procedure necessarie per l'adozione, operano in base ad un'apposita autorizzazione rilasciata dalla Commissione per le adozioni internazionali. La procedura di adozione deve essere sempre svolta con l'intermediazione di uno degli enti autorizzati all'adozione internazionale (articolo 31, come modificato dall'articolo 4 della presente proposta di legge): le coppie di coniugi sono libere di scegliere l'ente preferito, ma non possono fare a meno della sua collaborazione. L'iter burocratico che le famiglie devono affrontare per raggiungere l'obiettivo auspicato comporta attese lunghe e costi elevati. Non a caso, in questi anni sono nate organizzazioni di cittadini che non si sentono tutelati dalla vigente normativa: da più parti, è stato registrato un comportamento quasi «monopolistico» degli enti autorizzati.
      Ora, grazie all'istituzione delle agenzie regionali, i coniugi aspiranti all'adozione non solo possono rivolgersi direttamente alla regione di appartenenza per essere assistiti nelle delicate fasi procedimentali, ma possono richiedere l'intervento di tali agenzie anche nella fase precedente, in caso di inerzia del servizio socio-assistenziale del comune di residenza. Qualora,
 

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invece, sia la stessa agenzia regionale a non rispettare i termini per la conclusione della procedura affidata agli enti autorizzati, sarà la Commissione per le adozioni internazionali a svolgere l'attività di controllo. L'ente svolge le pratiche adottive nel Paese straniero e, dopo l'adozione, può dare sostegno al nucleo adottivo, se richiesto dagli adottanti.
      L'autorità centrale straniera trasmette all'ente la proposta di abbinamento fra un minore adottabile e una coppia di aspiranti adottanti, formulata secondo la legge del Paese d'origine del minore; l'ente, previa fornitura alla coppia di coniugi di ogni utile informazione sul minore, riceve il loro consenso all'abbinamento; dà, inoltre, la sua approvazione all'abbinamento stesso, qualora ciò sia richiesto dalla legislazione del Paese straniero. La proposta di abbinamento deve essere trasmessa dalla Commissione per le adozioni internazionali; questa ha la funzione, fra le altre, di svolgere una sorta di giudizio d'appello per il caso in cui sia richiesto il consenso all'abbinamento da parte dell'ente e questo lo abbia rifiutato. Una volta ottenuti tutti i consensi necessari, il minore viene trasferito in Italia, previa autorizzazione all'ingresso e al soggiorno da parte della Commissione per le adozioni internazionali. L'ente vigila sulle sue modalità e cura tutte le certificazioni e le autenticazioni necessarie.
      Ulteriore novità introdotta dalla presente proposta di legge riguarda la revisione dei termini procedurali, che s'impongono come non più ordinatori, ma perentori: è, infatti, importante sottolineare che, seppure la vigente normativa fissi dei termini precisi per lo svolgimento dell'istruttoria, tale norma risulta, comunque, priva di sanzione. Ora, l'ente autorizzato, sia esso agenzia regionale, sia esso ente già istituito, deve completare perentoriamente tutte le procedure entro dieci mesi dal recepimento del decreto di idoneità ad adottare, trasmesso dal tribunale per i minorenni (novellato articolo 30). È introdotta anche una disciplina sanzionatoria nel caso in cui l'ente autorizzato non rispetti i termini previsti (articolo 30-bis). In particolare, i coniugi, in caso di evidente inerzia dell'ente, possono adire la Commissione per le adozioni internazionali, che, entro centoventi giorni, dovrà accertare le cause del mancato rispetto dei termini procedurali e, nel caso in cui queste sono senz'altro attribuibili all'ente, provvede a revocarne l'autorizzazione. Qualora l'ente sottoposto all'accertamento della Commissione sia l'agenzia regionale, la Commissione deve applicare una serie di sanzioni, in ordine proporzionale e crescente, secondo la gravità della violazione. Con questo differente sistema sanzionatorio, non si è inteso dare maggior privilegio alle agenzie regionali: si è solo coscienti del fatto che, mentre gli enti autorizzati sono una moltitudine, le agenzie hanno un'unica struttura per ogni singola regione.
      La presente proposta di legge, infine, impegna le regioni ad una maggiore attenzione alla rete dei servizi, rendendosi particolarmente operative nel sistema. Maggiore tutela, quindi, sulle procedure e maggior controllo sul territorio.
      È un impegno preciso del Parlamento fare in modo che le procedure siano sempre più semplici, il percorso per l'adozione più agevole e la tutela dei bambini e delle famiglie posta quale esigenza primaria: è necessario adoperarsi per il rispetto di un grande principio di civiltà giuridica, secondo cui porre adeguata tutela al diritto dei genitori di poter donare affetto in modo sicuro, svincolato da qualsiasi superfluo vincolo burocratico, significa onorare il fondamentale diritto dell'infanzia di ricevere affetto, educazione, istruzione e cure adeguati.
 

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